Dell’imprenditore che si riprese la sua azienda
Ciao, qui Salvatore Savarese.
Oggi ti parlo di un mio cliente, Massimo, di Prato. Un imprenditore laureato in ingegneria che, da pochi anni, ha preso in mano le redini dell’azienda di famiglia.
Una azienda nel campo del tessile, sopravvissuta ai cinesi e alla crisi… anzi, addirittura l’azienda nei primi anni della gestione di Massimo, aveva conosciuto un periodo di espansione, con nuove commesse dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti.
Per far fronte all’aumento di lavoro Massimo aveva strutturato l’azienda passando da una impostazione familiare/padronale ad una manageriale.
Aveva assunto delle figure intermedie di coordinamento e alcuni operai.
Ma in questo passaggio, i manager iniziarono ad incontrare difficoltà nella gestione del personale, a delegare e a far in modo che le persone lavorassero con efficacia ed efficienza senza disperdere tempo ed energie.
Pian piano, dopo la crescita dei primi anni, l’azienda ebbe un brusco calo di fatturato. Tutto questo creò tensioni, incomprensioni e conflitti tra Massimo e i manager. E trai manager e i collaboratori.
I dipendenti si lamentavano che gli obiettivi non erano chiari e che cambiavano di continuo. Spesso erano calati dall’alto senza spiegazioni e non erano condivisi. C’era un clima di frustrazione ed era sempre più difficile ottenere l’impegno delle persone e poi trasformare l’impegno in azioni concrete.
E pensare che Massimo aveva scelto di subentrare al padre, lasciando un comodo lavoro da ingegnere in una multinazionale, con l’intento di strutturare l’azienda e delegare i compiti operativi ai propri manager, per potersi ritagliare tempo per sé e per la sua famiglia.
In azienda, il clima era teso, Massimo faceva tardi la sera ed era sempre stanco. Era incazzato, incazzato nero perché in quel periodo, aveva perso due clienti importanti in Inghilterra a causa di due lavori non eseguiti a regola d’arte e… ciliegina sulla torta, per una spedizione errata.
Provò in tutti i modi a parlare con i clienti per offrire una soluzione… ma niente!
Non si fidava più, non se la sentiva di delegare e decise di riprendere tutto in mano.
Era come avere dei nemici in casa, persone che remavano contro… non si trattava soltanto di competere ogni giorno una guerra con la concorrenza, ma c’era anche il fuoco amico a far danni! A tutto questo doveva, prontamente, trovare una soluzione!
Ma non era solo questo a turbarlo… Aveva promesso a sua moglie Anna, che avrebbe ridotto i suoi impegni per passare più tempo insieme, per organizzare quel viaggio in Polinesia di cui parlavano da anni. E poi… Poi c’erano Marco e Alice, i suoi figli… arrivava talmente tardi la sera e andava via così presto la mattina che quasi non si ricordava come erano fatti.
Non c’erano sabati né domeniche e Anna era esausta, rancorosa e risentita… era sempre sola… Una sera, dopo un guasto in produzione, Massimo era tornato alle 23 15, Anna l’aspettava nel grande salone di casa davanti alle finestre a vetri che danno sul giardino, aveva in mano un bicchiere di Porto e singhiozzava. Litigarono, urlarono finché Anna esausta andò a letto sbattendo la porta di camera.
A Massimo non rimase altro che stendersi sulla chaise longue nello studio e chiudersi a chiave per non farsi vedere dai figli. una notte da incubo con il terrore di perdere la propria amata famiglia, con la paura fottuta che tutto andasse a rotoli, lavoro e famiglia.
Urgeva trovare una soluzione, trovare un equilibrio in azienda.
Era necessario ristabilire la giusta visione e la comunicazione tra vertici aziendali e forza lavoro. Ritrovare il coinvolgimento di tutti e un buon clima aziendale. La cosa migliore era partire dai vertici, dai manager e capire cosa mancava e cosa non funzionava.
Era necessario stabilire obiettivi chiari e definiti e condividerli con tutti! Dopodiché era importante ottenere l’impegno di tutti a fare in modo che ogni dipendente dell’azienda avesse chiaro ruoli e obiettivi e compiti affidati in modo da mantenere la concentrazione evitando di disperdere tempo ed energie.
Era necessario che i manager trasmettessero ai loro collaboratori fiducia. Le persone dovevano avere la consapevolezza di andare tutti nella stessa direzione e contribuire tutti insieme alla crescita e alla prosperità dell’azienda dove lavoravano.
Era una necessità per tutti…
Ed era assolutamente fondamentale per Massimo non voleva più vivere in quel modo! Voleva per sé e per Anna e per i figli una vita serena e agiata e un futuro felice.
Dimenticavo… Massimo non aveva detto nulla ad Anna ma nell’ultimo anno si era ridotto lo stipendio…
Insomma… La situazione era davvero critica!
Ma non così tanto da non poterci porre rimedio. Infatti, da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, Massimo è riuscito a “stringere” un nuovo patto con i suoi uomini.
Oggi si respira un clima positivo in azienda, le persone sono più produttive, e il lavoro è più accurato e di qualità. Il fatturato è cresciuto così come l’utile aziendale, a beneficio di tutti, grazie anche al sistema premiante messo in atto.
Oggi Massimo, guarda al futuro con più fiducia e ha più tempo per sé e la sua famiglia.
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Photo by Oliver Cole on Unsplash